Dall’esecuzione alla trasformazione
cooperare . ibridazioni . valore condiviso
La narrazione delle politiche sociali al tempo della sharing economy ci restituisce l’evidenza di un quadro sempre più nitido di come la politica, intesa come policy, anche quando segue una logica “top down” postuli meccanismi di co-produzione.
Ciò a cui stiamo assistendo, infatti, è la crescente presenza di una pluralità di soggetti che, con diverse finalità e modalità di funzionamento, stanno rivestendo, piú o meno consapevolmente, un ruolo strategico nell’orientare le strategie e le azioni della Pubblica Amministrazione. Questa partecipazione a volte osmotica, a volte tacitamente formalizzata, altre volte finemente contrattualizzata, è “l’elemento nuovo” che sta profondamente cambiando i meccanismi di produzione e di fruizione dei servizi di utilità sociale. Il terreno dove osservare questa trasformazione è sicuramente la dimensione locale, quella territoriale (comunale) dove gli amministratori, in seguito allo “shock” dovuto alla riduzione drastica dei trasferimenti monetari centrali e alla difficoltà di ri-allineare il capitale umano della “macchina pubblica”, sono oggi chiamati ad una innovazione di rottura rispetto ai tradizionali schemi impostati sul modello “principale- agente”. In questo senso gli assessori alle politiche sociali o allo sviluppo economico costituiscono (come potenziale) una “asset class” fondamentale, per far evolvere il sistema verso un nuovo equilibrio…insomma dei veri e propri changemaker.
A mio avviso due sono i passaggi prioritari nel costruire le nuove policy:
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Dall’esecuzione alla trasformazione
Anche se non possiamo ritenere finita l’era delle esternalizzazioni, possiamo dire che la loro capacità di produrre valore e impatto è sempre più bassa. La dimostrazione viene proprio da alcuni territori (es. Comune di Brescia) che in maniera “pionieristica” stanno abbandonando le gare sui servizi sociali più tradizionali per sostituirle con percorsi di co-progettazione. Si chiede ai tradizionali interlocutori del non profit e della cooperazione sociale di co-progettare per destrutturare e riaggregare servizi, per mutare filiere, per disintermediare processi, senza perdere di vista ciò che gli “standard tariffari” hanno in molti casi soppresso, ossia la qualità delle relazioni. Urgono soggetti capaci di eseguire una trasformazione e non una mera esecuzione. Se i bisogni son cambiati e la PA non ha più la forza di leggere una domanda sempre più frammentata, chi si propone come interlocutore della PA deve essere in grado di mettere in discussione l’esistente cercando di riformulare nuovi modelli di prestazioni e di servizio, prestazioni da comporre mediante una rinnovata cultura. L’altro ingrediente che concorre a facilitare questo passaggio è la capacità di attivare nuove piattaforme/reti, ricombinando motivazioni e soggettualità diverse (ars combiantoria). L’eterogeneità delle reti al servizio del sociale è l’altro elemento di innovazione di rottura. E’ certamente un passaggio complesso e anche rischioso ma credo sia indispensabile immaginare filiere ibride nell’erogazione di servizi alla persona, filiere che in un prossimo futuro troveranno nei singoli “professionisti del sociale” una categoria molto agguerrita, come ci insegna l’esperienza inglese. Un’anticipazione di questa tendenza a comporre reti “fra diversi” la si può osservare anche nella crescita della presenza di imprese sociali e cooperative nei contratti di rete o a costituire “new-co” per avviare investimenti in ambito sociale.
L’eterogeneità non è quindi un’obiezione: quello che le nuove policy devono stimolare nelle reti è l’unità (dei fini) per l’interesse generale e non l’uniformità (dei comportamenti).
(Collaboration-palooza- SSIR Dec. 2014)
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Dal servizio al supporto.
La polverizzazione delle esigenze e la domanda di personalizzazione di una crescente fetta di cittadini sono strutturalmente in contrasto con le logiche standard con cui sono costruiti spesso i servizi sociali (es. sanitarizzazione dei servizi sociali). Una politica standard può avere un effetto sui livelli di povertà assoluta, ma non sicuramente verso quella sfera di popolazione che oggi è caduta nel limbo della vulnerabilità, dove le trappole di povertà relazionale sono pericolose tanto quanto quelle economiche. Per queste nuove fasce di cittadini non basta la messa in campo di un buon servizio, oggi è indispensabile mettere in campo anche (e sottolineo anche) un adeguato supporto ai bisogni. Che differenza c’è?
Il servizio spesso concepisce il soggetto solo come utente passivo ed è costruito dentro un modello relazionale di tipo verticale. Il supporto, invece, postula la co-produzione del soggetto che “deve” mettere in campo tutte le risorse e le relazioni di cui dispone per essere parte attiva di un progetto che lo riguarda. Il servizio lo si costruisce per qualcuno, il supporto lo si attua con qualcuno, in quanto necessita inevitabilmente di una diversa partecipazione dell’utente e di una collaborazione più ampia. Il nuovo welfare, qualsiasi esso sia, sarà caratterizzato da un livello di compartecipazione alla spesa dei cittadini sempre più ampia (oltre che da una pluralità di attori che offrono servizi alla persona), perciò la domanda a cui tutti dobbiamo rispondere è: “vogliamo orientare i nostri risparmi ad infrastrutturare solo dei servizi (modello di riferimento è quello dei quasi mercati di servizi sociali) o invece vogliamo canalizzare i nostri risparmi per finanziare anche (e sottolineo anche) una infrastruttura di legami (co-produzione)?”. In questa prospettiva, se non vogliamo entrare in un contesto di “rampante privatizzazione”, il ruolo dell’impresa sociale nel ricombinare e ridisegnare (service design) modelli di partecipazione con la comunità è fondamentale tanto quanto la nostra responsabilità di votare con il portafoglio (Becchetti, 2008) scegliendo un’offerta inclusiva e comunitaria rispetto alle tante low cost disponibili.
Dall’esecuzione alla trasformazione, dal servizio al supporto. Sono due passaggi cruciali che la Pubblica Amministrazione e l’ecosistema del sociale oggi sono chiamati a fare per ricostruire una nuova forma di universalismo, in cui il contributo della società diventa elemento non surrogabile da altre istituzioni.
Un Nota Bene. La relazione con la società può avere due prospettive: strumentale o fondativa. Nel primo caso l’esito è il consumo di fiducia nel secondo è la sua rigenerazione…la “via di mezzo” non é contemplata.
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