Ibridazione e imprese inclusive
ibridazioni . imprenditorialità . valore condiviso
IL LIVELLO MACRO
Una delle certezze che in questa epoca di insicurezze (società del rischio) ci viene restituita a livello macro (cioè di sistema-Paese) è la fine dell’era della netta “separazione” tra Stato, privato for profit e privato non profit.
L’assunzione e l’espletamento della funzione di pubblica utilità, la cui titolarità in passato veniva tipicamente assegnata allo Stato, deve oggi necessariamente allargarsi al fine di includere nuovi soggetti capaci di condividere una comune visione di bene. In altri termini, bisogna assumere una nuova prospettiva di interpretazione e di azione, quella della co-produzione dei beni di pubblica utilità, ovvero di quei beni in grado di rimuovere o ridurre il disagio sociale nelle sue diverse espressioni e, di conseguenza, di aumentare il livello di benessere collettivo. La co-produzione prevede il superamento della logica individualista e della “monocrazia dei poteri” (Stato, privato for profit e non profit) finora imperanti.
In altre parole, occorre immaginare la produzione di valore come l’esito di rapporti di interconnessione fra varie sfere (economica, civile, politica) superando le tradizionali visioni “verticali” o “centralistiche”. Così come la produzione di valore economico non è più la finalità esclusiva dei soggetti aventi natura for profit (sempre più imprese, infatti, hanno compreso l’importanza della costruzione di valore condiviso), così il valore sociale non è l’unico driver dei soggetti non profit. I recenti dati Istat (2013, anno di riferimento 2011) dimostrano come l’avanzamento del non profit (+28% del numero di istituzioni e +9,5% di addetti rispetto al 2001) non nasca meramente da un effetto di sostituzione del pubblico o del privato for profit. Si tratta piuttosto di un incremento che nasce dalla sua capacità di tenere insieme relazioni, interesse pubblico e dimensione economica.
Assumere la prospettiva della co-produzione significa dare spazio alla complementarietà, all’integrazione, alla cooperazione ma soprattutto all’ibridazione, dove in particolare quest’ultimo termine esemplifica un processo in cui logiche diverse – anche apparentemente in contrasto tra loro – vengono portate avanti insieme per il raggiungimento di obiettivi comuni.
A livello macro, pertanto, occorre orientare il paradigma verso un modello di sussidiarietà circolare: principio che si pone quale obiettivo quello di far interagire, in modo sistematico e permanente, i tre vertici del triangolo che rappresenta l’intera società e cioè il vertice che denota la sfera politico-istituzionale, quello della sfera commerciale e quello della sfera della società civile. Dentro questa prospettiva la dimensione sociale, perciò, non è più relegata ad essere un output del processo di re-distribuzione messo in atto dalle istituzioni pubbliche, bensì diventa un input, ovvero un meccanismo generativo di “sviluppo umano integrale” in virtù dell’apporto specifico di capitale sociale che è in grado di garantire al sistema.
IL LIVELLO MICRO
Come in precedenza anticipato, il processo di ibridazione deriva dall’esistenza di due processi convergenti che tendono a contendersi uno spazio decisivo e strategico (Hybrid Area): da un lato, la necessità dei soggetti for profit di aggiungere al tradizionale operato (di natura sostanzialmente commerciale) una dimensione sociale/relazionale. Dall’altro, il bisogno dei soggetti non profit di fare propri quegli strumenti di mercato capaci di superare alcuni vincoli legati alla governance e all’accesso a risorse finanziarie differenziate.
La prova di questo processo evolutivo dentro le imprese è testimoniato dall’affermarsi di soggettualità economiche ibride: realtà che si collocano su entrambi i lati della linea di demarcazione for profit/non profit, ovvero riducono questo confine assumendo mission sociali e producendo al contempo un reddito da attività commerciale per poter perseguire la loro missione.
Comune denominatore dell’azione di tali soggetti è il perseguimento della sostenibilità, intesa non come riduzione dell’impatto negativo in termini sociali (o ambientali) delle attività intraprese, bensì come tentativo di creare miglioramenti sistemici a livello sociale (ed ambientale). In tal modo, le organizzazioni ibride sperimentano nuove combinazioni di attività imprenditoriali caratterizzate da elementi di innovazione volti ad ottenere un forte impatto in termini di cambiamento sociale.
Il processo di ibridazione a livello micro – cioè all’interno delle singole imprese – è osservabile prioritariamente in 4 specifiche aree:
- l’ideazione del modello di business (o business model);
- la configurazione della governance;
- la struttura organizzativa/distributiva e lo stile di leadership;
- la combinazione di risorse economico-finanziarie a disposizione.
Attraverso la sua flessibilità, il concetto di ibridazione permette dunque di massimizzare la capacità delle organizzazioni di adattarsi ad uno scenario, sociale ed economico, estremamente complesso e differenziato, cui istituzioni tradizionali – all’interno di un’azione individualista – oggi non sono più in grado di fornire risposte consone.
Tale processo ridefinisce i confini dell’imprenditorialità riconducendoli a due modelli caratterizzati da altrettante differenti modalità di produzione del valore:
- da un lato, un modello che dà origine ad istituzioni estrattive, in cui il valore “estratto” dal sistema è redistribuito in maniera esclusiva a specifici gruppi di soggetti. La presenza esclusiva di tale modello è certamente in grado di garantire la crescita del sistema ma non altrettanto di contribuire ad innalzare i livelli di sviluppo ed equità;
- dall’altro lato, invece, un modello generatore di istituzioni inclusive, dove il processo di produzione del valore viene “socializzato” e condiviso tra tutti i soggetti che ne prendono parte, indipendentemente dalle loro connotazioni e specificità.
Riferimenti Bibliografici
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Venturi, P., Tognetti, M. (2013), La produzione di valore nell’era dell’ibridazione, (Co-edizione LAMA Development and Cooperation Agency e AICCON Ricerca), http://www.aiccon.it//File/2013/Tognetti_Venturi_SHORT_PAPER_18_10_13.pdf
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Zamagni, S. (2013), Impresa responsabile e mercato civile, Bologna, Il Mulino.
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