Il percorso (carsico) dell’innovazione sociale
cooperare . ibridazioni . valore condiviso
L’innovazione sociale é uno sguardo sul futuro.
Fa pensare a ciò che manca, all’inatteso a “Segnali di Futuro” come recita una bellissima iniziativa promossa dalla Triennale di Milano. Ma qual è il meccanismo generativo di questa emergenza? Alcuni partono dalla spinta di bisogni insoddisfatti, altri dall’impatto connesso alle nuove tecnologie ed alla società della conoscenza, altri ancora dai nuovi paradigmi collaborativi o dai nuovi meccanismi di produzione del valore, taluni dalle conseguenze di nuove policy.
Tutte cose vere.
La faglia sociale che si è aperta con l’avvento della Terza Società (vulnerabili), il passaggio dal governo alla governance, la moltitudine che si aggrega e socializza nuove risposte, il vuoto di pubblico colmato dal pieno di sociale, la produzione condivisa con il consumatore…sono evidenze del quotidiano. Sono nuove risposte collettive, mutistakeholder, formalizzate ora in luoghi ora in piattaforme, sono nuove imprese che superano la visione di massimizzazione del profitto e costruiscono paradigmi di competitività dentro un perimetro coesivo.
Insomma cambiamenti reali, cioè veri.
Sono progettualità ibride, che antepongono il tratto sociale a quello economico, che assumono un concetto di razionalità diversa: la “razionalità del noi”, spesso portata avanti da minoranze profetiche: “Istituzioni alternative” che riproducono nuove forme di democrazia, come ci suggerisce un interessante articolo pubblicato sulla SSlR (Democratic by Design..) e che necessitano di un ecosistema nuovo (abilitante e agile) e di un passaggio spinto dalla progettazione dell’esistente al design dell’intangibile (in primis le relazioni).
E’ il sociale ad infrastrutturare l’innovazione (non viceversa), fino a trasformare il servizio in supporto e il valore di scambio in valore di legame. Una trasformazione che ha come spillover una nuova generazione di beni relazionali:
- Community goods. Relazioni il cui valore è ancorato alla dimensione comunitaria come locus generativo di percorsi autentici di sviluppo economico e sociale.
- Sharing goods. Relazioni il cui valore è ancorato alla costruzione di percorsi identitari e alla nascita di un nuova socialità non formalizzata.
- Experience goods. Relazioni il cui valore è ancorato alla ricerca di senso (significato) e di reciprocità.
Cambiamenti e segnali di futuro.
Ma a ben vedere, un po’ di tutto ciò è già successo. Questo non toglie nulla all’innovazione che accade, anzi è uno stimolo a rendere l’innovazione più vera (reale) e meno nuovista. La civiltà europea, infatti, è sorta nelle città italiane del Medioevo prima dello Stato: la società si è posta come infrastruttura che ha preceduto lo Stato. (“We the people” si scriverà poi nella costituzione federale degli Stati Uniti d’America). Quella società si autogovernava mediante “corporazioni”. Ma non nel senso deteriore con cui lo intendiamo oggi: la parola “corporazione” aveva originariamente un significato molto più generale. Si trattava di qualunque organizzazione elettiva (quindi non generata da legami di parentela o di clan), in cui le persone si mettevano insieme per raggiungere un fine comune, insomma cooperavano.
Le Università sono nate così: erano infatti corporazioni di docenti e studenti che liberamente ricercavano, insegnavano ed imparavano; le Camere dei Mercanti erano organizzazioni di mercanti che stabilivano le regole da far rispettare.
Fatti del passato che oggi, carsicamente, ri-emergono.
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