Se il contesto conta: come arricchire gli ecosistemi dell’impresa sociale

ibridazioni . imprenditorialità

@Editormanque

Le condizioni ambientali contano. Osservazione banale, ma dalle implicazioni complesse. In particolare se di mezzo ci sono organizzazioni – come le imprese sociali – impegnate nel rendere disponibili beni di interesse collettivo attraverso modelli di produzione e scambio che mischiano, in dosi diverse, reciprocità, redistribuzione e mercato, ovvero sistemi di regolazione che di solito – anche per semplicità analitica – operano separatamente. Questa complessità mette a nudo i limiti di analisi di contesto condotte utilizzando framework che privilegiano aspetti di natura tecnico-regolativa – il contesto normativo, i servizi a supporto, ecc. – tralasciando elementi di processo e variabili di trasformazione.

#socent_ecosystem (1)

Per avere conferma basta guardare la rappresentazione dell’ecosistema dell’impresa sociale contenuta in una recente indagine della Commissione Europea. Lo strumentario non manca, ma non è chiaro su quali processi è chiamato a intervenire. E’ come se mancasse la terra sotto i piedi, evidenziando i limiti, non solo intrinseci, dei diversi meccanismi individuati. A quali forme di azione collettiva e imprenditoriale sono rivolti gli schemi normativi? A quali competenze fanno riferimento i servizi di supporto? Intorno a quali polarità si strutturano i network? Quali sono gli ambiti di investimento dei mercati finanziari a impatto sociale?

Rispondere non è facile. Nella nuova edizione del Rapporto sull’impresa sociale che abbiamo curato per Iris Network abbiamo provato a individuare alcuni processi esterni particolarmente rilevanti per interpretare la realtà attuale e futura dell’imprenditoria sociale italiana e dei suoi ecosistemi. Eccoli…

  • Ristrutturazione delle relazioni con le amministrazioni pubbliche, grazie alla progressiva affermazione di logiche e modelli partenariali (partnership pubblico private, società miste, accordi precommerciali, ecc.) che sostituiranno, almeno in parte, i classici meccanismi di contracting-out, cioè di mera esternalizzazione di servizi da parte di stazioni appaltanti pubbliche a favore di soggetti privati (in particolare imprese sociali e altri attori nonprofit).
  • Progressiva affermazione di processi di disintermediazione delle catene di produzione e distribuzione di servizi pubblici attraverso piattaforme di sharing economy, in grado di abilitare meccanismi di incontro diretto tra domanda e offerta di servizi anche attraverso esperienze di prosuming (combinazione di produzione e consumo di beni e servizi).
  • Incorporazione di elementi di valore sociale nei processi di produzione economica mainstream, in modo sempre più stabile e quantitativo (si tratterà sempre meno di esternalità legate a iniziative di Csr) e in diversi settori (cultura, ambiente, wellbeing, ecc.).
  • Aumento della scala d’impatto dei servizi di interesse collettivo grazie alla maggiore disponibilità di risorse tecnologiche e di risorse finanziarie espressamente dedicate a questo comparto.

L’elenco può essere arricchito e soprattutto approfondito, dimostrando che il contesto conta e che, come ricorda questo recente post, una migliore comprensione del contesto può essere utile per ragioni semplici e insieme molto rilevanti.

  • For researchers, to explain the emergence of social enterprises and develop more accurate explanations about their emergence.
  • For practitioners, to leverage greater opportunities and to adapt organizational features to maximize resilience.
  • For legislators and public bodies, to develop laws and programs, and to create a favourable environment for social enterprises to emerge.
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